Che
cos'è la creatività?
La creatività è un concetto
familiare eppure stranamente elusivo. Potremmo riscontrare un certo disaccordo
sulla possibilità di essere creativi nelle scienze come nelle arti, in casa
come nel laboratorio del vasaio, nell'allevare bambini come nello scrivere
libri. Ulteriore disaccordo sorgerebbe probabilmente se iniziassimo a discutere
sul se effettivamente la creatività
possa essere interamente appresa o se sia un dono prezioso con il quale
nasciamo (o meno, a seconda dei casi).
Uno degli approcci di problema consiste nel vedere la creatività come un modo particolare di pensare, un modo di pensare che implica originalità e fluidità, che rompe con i modelli esistenti introducendo qualcosa di nuovo.
Dal lavoro giovanile di J.P.Guilford il termine pensiero divergente è quello più strettamente connesso all'atto creativo. Guilford, asseriva che il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non preveda un 'unica risposta corretta. È facile rendersi conto che una simile capacità ha probabilmente un ruolo nell'atto creativo, poichè l'artista ha spesso bisogno di esplorare una serie di possibili modi di dipingere un quadro, di portare a termine un romanzo o di scrivere una poesia prima di decidersi alla fine per quello che sembra essere il migliore. Ovviamente ci aspettiamo che un atto creativo riporti anche l'impronta dell'originalità, ma anche in questo caso il pensiero divergente avrà un suo ruolo, poiché più ampia sarà la gamma di possibilità che siamo in grado di produrre, più alta sarà la probabilità che una di esse dia prova di originalità.
Guilford si riferiva anche
a ciò che lui chiamava pensiero convergente. Nel pensiero convergente si dice
che gli individui convergono, invece che discostarsene, sull'unica risposta
accettabile a un problema e producono efficacemente la soluzione Talvolta si
afferma che i test di intelligenza si concentrano solamente sul pensiero
convergente, dato che a ogni item corrisponde un'unica risposta corretta
accettabile, e che il pensiero divergente può essere veramente dimostrato solo
con test cosiddetti a finale aperto. Questo è probabilmente vero ed è sempre un
esercizio interessante chiedere ai bambini di guardare alcuni item di un test
di intelligenza (in particolare quelli del tipo "Metti in evidenza
l'elemento estraneo”) e vedere se per ognuno riescono a trovare spiegazioni a
più di una soluzione accettabile. Nel farlo chiediamo loro di pensare in modo
divergente piuttosto che convergente e i risultati potrebbero essere in un
certo senso sorprendenti per chi
costruisce test di intelligenza.
Tuttavia non sto sostenendo che il pensiero divergente sia comunque superiore a quello convergente, o che sbagliamo nel dedicare a quest'ultimo così tanto tempo nelle scuole. Spesso il pensiero convergente si adatta meglio a un problema particolare e inizialmente dovremmo quindi considerare il pensiero divergente come complementare a quello convergente, invece di istituire fra i due tipi di pensiero una sorta di competizione. Ciò che Guilford e altri tentarono di dimostrare è che ,dando rilievo al pensiero convergente, siamo stati inclini a trascurare completamente il pensiero divergente e di conseguenza non abbiamo fatto abbastanza per l’insegnamento (o lo sviluppo ) della creatività nelle scuole.
Lavorando sulla scia del
trasporto entusiastico iniziale per il lavoro di Guilford, Hudson (1966) ha
rilevato che in prima media coloro che hanno un alto grado di divergenza
tendono a specializzarsi nelle arti e quelli con un alto grado di convergenza
nelle materie scientifiche. Ciò può essere dovuto principalmente
all'incoraggiamento e alle opportunità piuttosto che a qualcosa di insito in
una delle due discipline scolastiche in questione o negli alunni stessi. Pare
che, almeno in certe scuole, agli studenti di materie scientifiche sia permesso
agire meno spesso in modo divergente rispetto agli studenti di arte, perché le
discipline che essi studiano sono ritenute essere meno soggettive (forse meno
«d'ispirazione») di quelle seguite nei licei artistici e nelle accademie delle
belle arti. Quando agli studenti di scienze vengono forniti esempi di ciò che
si intende con pensiero divergente, i loro punteggi nei test sul pensiero
divergente mostrano un miglioramento immediato. Presumendo che tali test siano
una buona misura della creatività, questo indicherebbe che gli studenti di
materie scientifiche non mancano di capacità creativa ma semplicemente che
necessitano dell'incentivo per estrinsecarla.
Il primo punto che gli insegnanti devono quindi tenere a mente è che, quale che sia la loro materia, devono essere consci delle opportunità di incoraggiare il pensiero divergente negli studenti e sfruttarle quando si presentano. Bruner sostiene che nell'ambito dell'educazione tendiamo a ricompensare solo le risposte «giuste» e a penalizzare quelle «sbagliate». Questo rende i bambini riluttanti ad azzardare soluzioni nuove o originali nella risoluzione di un problema, dato che le probabilità di sbagliare in questo caso diventano inevitabilmente maggiori. In altre parole essi non vogliono correre rischi. Tuttavia il salto immaginativo, la produzione di una risposta diversa da quella convenzionale, la prontezza ad assumersi quelli che potrebbero essere chiamati i rischi conoscitivi sono inscindibili dallo sforzo creativo. L'insegnante dovrebbe essere preparato ad agire in un'atmosfera in cui tale sforzo sia incoraggiato e ricompensato piuttosto che in un clima educativo dove vengano approvate soltanto le soluzioni caute e convergenti.
Questo non significa certo che non teniamo in considerazione l'accuratezza o la precisione. Si ricordi che l'atto creativo implica la verifica/valutazione. La soluzione deve essere verificata per vedere se funzionerà; se fallisce deve essere scartata, anche se il bambino può nondimeno essere lodato per lo sforzo immaginativo compiuto. E anche questo fallimento può essere apportatore di nuove idee che possono poi essere verificate ed eventualmente condurre alla soluzione desiderata.
Secondo
Bruner invece il pensiero creativo è olistico (produce cioè risposte che hanno
un'ampiezza superiore alla somma delle loro parti), mentre il pensiero
razionale e convergente è algoritmico (produce cioè risposte che sono
inequivocabilmente esse stesse). Entrambi i tipi di pensiero hanno un loro
ruolo fondamentale, ma dovrebbero essere utilizzati per completarsi e sostenersi
a vicenda e non venire in un certo senso considerati come reciprocamente
incompatibili.
Prima di affermare con
troppo entusiasmo di aver già compreso il valore per la classe di entrambe le
forme di pensiero e che mai penalizzeremmo il bambino per un tentativo
olistico, dovremmo ricordarci che la scoperta di Getzels e Jackson, secondo cui
coloro che hanno un alto grado di divergenza sarebbero meno benvoluti dagli
insegnanti rispetto a quelli con un alto grado di convergenza, può ancora
essere ritenuta valida. Le scuole hanno le loro regole e regolamenti, i loro
modelli di procedura e di condotta e spesso il bambino conformista riesce a
convivervi in maniera più serena di quello non conformista e molto fantasioso.
Inoltre le idee divergenti possono essere spesso originali e di valore, ma
possono anche essere stravaganti e sciocche, inducendo l'insegnante a
sospettare che il bambino stia soltanto "facendo il furbo”.
Sfortunatamente (o fortunatamente) la creatività è una cosa imprevedibile e noi
non possiamo pretendere che si estrinsechi sempre in una forma adatta alle
circostanze del momento. Studiando le risposte dei bambini e facendo in
particolare attenzione a dove conducono effettivamente le idee che inizialmente
sembrano sciocche, l'insegnante riesce in breve a riconoscere quando i bambini
stanno tentando di usare la loro immaginazione e quando stanno semplicemente
tentando di sorprendere. Omettendo una simile osservazione l'insegnante corre
il rischio di reprimere le idee buone assieme a quelle non proprio buone e di
dare alla classe l'impressione che l'originalità semplicemente non sia
benvenuta quando si manifesta.